Il treno del sole
Il treno del sole era prima di tutto un coro di odori da umanità e cibo. Era un treno di mamme stanche e di bambini felici, un treno di padri con il volto scavato dalla fatica della fabbrica e il desiderio di ritrovare la famiglia lasciata.
In un viaggio quasi senza orario, il treno attraversava l’Italia e si fermava in stazioni che scandivano le ore di oltre un giorno passato tra dormiveglia, giochi di bambini nei corridoi stracolmi di pacchi, cibo condiviso negli scompartimenti da otto persone, occhi incollati al finestrino ad aspettare l’arrivo del mare.
Asti Alessandria Novi Ligure, poi le due stazioni di Genova e già si dormiva. Il mare della Liguria era pece, sonni leggeri in Toscana con Pisa Livorno Grosseto. A Roma lunghissima sosta dove i papà scendevano a sgranchire le gambe, mentre le mamme li seguivano con gli occhi scrutando la pensilina per la paura che il treno partisse senza di loro. A Napoli eri grande se potevi bere un po’ di quel caffè, che gli ambulanti di stazione versavano dai loro thermos in bicchierini di plastica, poi passati di mano in mano verso le braccia protese dai finestrini.
Da lì in avanti dominavano il calore, il sole, la stanchezza, Quasi sempre il treno era in ritardo, un tempo dilatato che si allungava ancora nelle Calabrie senza fine, in un susseguirsi di gallerie e scorci di mare sempre più intenso. Quando d’improvviso comparivano Torre Faro e Capo Peloro spariva la stanchezza e chi aveva come destino Messina poteva scendere a Villa San Giovanni e tentare di prendere un traghetto, che non aspettasse il carico del treno.
Scriveva Sciascia che gli emigranti siciliani avevano permesso a chi era rimasto nell’isola di sostenere uno stile di vita europeo, ma di questo ce ne siamo accorti piano piano, con il passare degli anni e la trasformazione dell’isola da centro povero di agricoltori e pescatori a luogo di ipertrofia amministrativa e burocratica, nel quale il veleno mafioso ha trovato ulteriore linfa.
Oggi il sud è ancora quella contraddizione di cui abbiamo discusso per decenni, ma il viaggio si è ridotto e chi non va o rientra in aereo (sono tantissimi e di tutte le classi sociali, approfittando di tariffe sempre più basse), può viaggiare in treno in meno di 11 ore da Villa San Giovanni a Torino. Il paesaggio cambia rapidissimo, poche fermate, pochi odori e pochi rumori, sali e il tuo posto è già assegnato senza le affonnose ricerche di posti liberi tra gli scompartimenti: non è più il treno del sole, forse è qualcosa di asettico e freddo e non solo per l’aria condizionata; ma in un divenire che non si ferma mai, lo stesso treno del sole era qualcosa di altro rispetto a ciò che c’era ancora prima.
L’alta velocità è un bene per questo sud, che deve restare attaccato alle innovazioni per non rimanere ancora indietro, anzi deve produrre innovazione per andare avanti. Può farlo, ma il futuro è nelle mani e nella testa della gente del sud, non delle politiche governative, perché nessuno può sostituirsi a ciò che un popolo vuole o non vuole fare, vuole o non vuole essere.
Per il resto, con gli occhi incollati al finestrino è possibile ancora commuoversi.
Lascia un commento