A noi extracomunitari non è risparmiato nulla
Solo ad un appassionato di trasporto su rotaia come me potrebbe venire in mente di andare nel capoluogo in treno: la stazione c’è ma è introvabile.
“Guardi, prenda il pullman: è meglio”.
Compro due biglietti (uno per il rientro) e prendo il pullman. Una ragazza di colore (molto scuro) sale con me. Sta parlando al cellulare e mostra distrattamente al conduttore una carta di abbonamento. Questi le chiede in italo veneto dove va e lei, continuando la conversazione al telefono (in nigeriano?), risponde in italiano. Lui le dice che l’abbonamento non vale per quella destinazione e deve scendere prima. Lei continua la doppia conversazione e ormai siamo ad uno scontro di inciviltà, ma ho la netta sensazione che l’autista con me si sarebbe comportato in tutt’altro modo.
Ormai sera, salgo sul bus per il rientro e oblitero il mio secondo biglietto. O almeno così credo.
Per la mia prosopagnosia il conducente potrebbe essere lo stesso, il fratello oppure no, ma la lingua non cambia e in italo veneto mi dice: “Anche senza occhiali vedo benissimo che il suo biglietto è usato”. In preda al panico sono costretto a svuotare, fra sguardi di disapprovazione, il mio urban backpack su un sedile per trovare faticosamente il biglietto nuovo, che mostro con pudore.
“Finalmente”, mi apostrofa severamente, sempre in italo veneto.
A noi extracomunitari non è risparmiato nulla.
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