Tutti i nostri 11 settembre
Dieci anni fa, mentre le torri crollavano, la nostra domestica sicurezza occidentale si è incrinata una volta per tutte. Eppure in questo ricordo, che vorrebbe accumunare in un unico sentimento i conservatori e i progressisti del mondo occidentale, c’è qualcosa che non è del tutto risolto.
Certo, in questo giorno è d’obbligo pensare di essere tutti Americani, come dovremmo pensare di essere tutti ebrei (ma anche zingari, omosessuali, comunisti) nel ricordo della Shoah, oppure di essere tutti cileni nel ricordo, nel dimenticato ricordo sempre l’11 settembre, dell’assalto alla Moneda, simbolo del crollo delle nostre illusioni di pace e socialismo.
C’è una canzone di Fabrizio De André nelle cui parole traspare l’amarezza delle madri dei ladroni crocifissi insieme al Cristo: passati i tre giorni i due ladroni non sarebbero risorti, almeno in terra.
I 3.000 morti delle torri gemelle e degli altri attentati di quel giorno, sono morti di carne e dolore come tutte le morti, ma la capacità di un popolo come quello americano di risorgere e di trovare motivi e successi di vendetta è maggiore di quella di altri.
Altri quotidiani 11 settembre invece trovano solo marginalmente spazio nei nostri giornali, persino nelle discussioni politiche dei partiti di sinistra. Come l’inferno dantesco di Korogocho a Nairobi, il dramma che accomuna spacciatori e tossicodipendenti a Scampia in Italia, i bambini di strada in Brasile, le favelas in tutte le periferie del mondo, la prostituzione minorile nel Far East, la siccità nel Corno d’Africa, l’epidemia di Aids in tutta l’Africa. Sono morti e drammi di popolazioni o di classi sociali che non risorgono nemmeno dopo 10 anni. Anzi, alimentati dalle guerre e dalle spese militari, dalle nostre stesse difficoltà economiche, dal nostro essere servili verso i potenti e indifferenti verso i deboli, dalla concezione occidentale di conoscenza chiusa alla solidarietà ma aperta al profitto (come i semi sterili OGM della Monsanto), questi 11 settembre si rinnovano tutti i giorni con maggiore dolore.
Forse un migliore modo per ricordare i morti dell’11 settembre americano è sentirli come parte dell’umana miseria: morti nostre, certamente, ma uguali alle morti di tutto il mondo.
San Mauro Torinese, 11 settembre 2011
Nota dell’11 settembre 2015
Oggi cambierei poco di quanto scritto 4 anni fa. Nel tempo ho modificato il mio giudizio sugli OGM, ma non il loro utilizzo penalizzante per le popolazioni deboli, come quelle messicane e di altri paesi.
Anche oggi abbiamo il nostro 11 settembre ed è il dramma di chi scappa dalla miseria e dalle guerre e vive una vita sotto condizione dell’altrui disponibilità, sempre esposti al rifiuto.
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